4.10.07
AMICI SCRIVONO
25.9.07
riflessioni e date (entrambe mie)
14.6.07
Concertini
9.5.07
SUGGERISCO GITA FUORI PORTA A VISITARE...
8.5.07
Igor plays
3.5.07
R.A.T.Z.
Mercoledi 9 maggio ore 21 Bar "Torino" - (Campo S. Luca) Venezia
>
> R.A.T.Z. è un doppio duo di libera improvvisazione. L'idea portante (o per
> meglio dire il patto fondativo) è l'assecondare la riemersione di
> materiali disparati dall'inconscio dei musicisti e il loro riorganizzarli
> in tempo reale. Lo schema consolidato del quartetto
> tromba-chitarra-basso-batteria, all'interno del quale tutto è
> probabilmente stato detto, viene aggirato attraverso l'individuazione di
> attrazioni gravitazionali interne all'organico che portano i musicisti ad
> esprimersi più felicemente in sottogruppi (di uno, di due, di tre) che
> interagiscono o addirittura che confliggono inavvertitamente ignorandosi.
> Le poetiche individuali risentono comunque del peso delle "tradizioni",
> anche quelle pop o quelle delle neo-avanguardie estreme, noise o lo-fi,
> dei rispettivi strumenti. L'esito è programmaticamente imprevedibile e può
> essere un'interazione tra rumori elettronici e non oppure lo sbudellamento
> di un tema di Thelonious Monk (o di Harry Belafonte) recuperato in qualche
> spicchio di memoria.
>
> Giorgio Signoretti: chitarra; Daniele Goldoni: tromba; Nicola Mazzoni:
contrabbasso, Enrico Caimi: percussioni
>
15.4.07
amicopaolonews
12.4.07
DON CICCIO & ME
10.4.07
E dio disse
6.4.07
Paolo Ganz dice



























9.2.07
reflections in blue
news from gallo rojo
16.1.07
!Que viva Gallo!
TODO CHUECHO:
Taccuino di viaggio, manifesto della filosofia monocroma dell’autore, questo lavoro di Danilo Gallo può essere considerato il suo “Tjiuana moods”; ma, a differenza di Mingus che, grazie al bagno rigeneratore nei vizi della città bordello, del luogo di iniziazione di ogni americano, risorgette galvanizzato e vitale e in grado di produrre un’opera ricca di nuova linfa, nel suo “Gallo and the roosters” il contrabbassista e compositore foggiano trova nel Messico conferma dei suoi umori, sostanzialmente tragici.
Una passerella circense di scheletri in sombrero, l’incombenza del fato e dell’inevitabilità della morte e poi nient’altro e però l’articolarsi della mestizia in varie sfaccettature, talvolta persino allegre, anche se a denti stretti.
Ma questo cd è anche il moltiplicarsi del suono del suo strumento; bassista di derivazione hadeniana, Gallo è innamorato dei suoni passivi del suo contrabbasso. Si sente un continuo schioccare come di frusta nelle tracce; la nota è indefinita e primeggia l’alone armonico delle corde. Un suono intestinale, color ciocco bruciato.
Gallo, dicevo, distende il suo timbro per un organico abbastanza insolito, che vede al clarinetto basso Achille Succi (ex della band di Vinicio Capossela), al trombone Gherhard Gschlossl, e il fido Zeno De Rossi (attuale batterista di Capossela) ai tamburi.
Come si può intuire il timbro generale è scuro, tendente al cupo anche se con lampi; e già l’intro del brano “Kabu-l“, che apre l selezione, imposta il piano di guerra, con il trombone di Gschloss duettare con l’archetto rognoso del leader. Dopo alcuni secondi il gruppo si compatta e su un beat binario, il brano prosegue tra gli schiaffi dei piatti di De Rossi e il legnoso stridere del clarinetto di Succi. Forma chiara e semplice che si perde e si ritrova per la strada. In fondo siamo in viaggio in una terra sconosciuta e dalle molte incertezze.
“Piece froide n.1” (Erik Satie) sono l’alibi per abbozzare un ritratto in stile figurativo dello stesso autore alla scoperta delle terre nuove. Primi incerti, timidi passi. Passione per un artista come affinità. Come a dire: “In realtà l’ho scritto io!”.
La rumba “El Gallo Sanchez” è un tenero racconto delle vie messicane; una dolce festa sta terminando e la gente raccatta le ultime briciole di piacere.
Appare il primo ospite del disco, l’infida chitarra di Enrico Terragnoli, storta di Mexcal Oaxaca tra i tardivi petardi del batterista.
“Lullaby of the rattlesnakes” incede greve e malcerta in terreni pericolosi e sconosciuti, con il Rhodes di Giorgio Pacorig,sinistro organetto da horror serie z, fino ad incontrare il 9/8 e il sax di Daniele D’ Agaro.
“Mysticisme nuclèaire” vede un summit di ance: tre sax contralto, Nicola Fazzini, Achille Succi e il lacerante grido dolphiano del promettente Piero Bittolo Bon. Siamo in un armageddon scandito dai tamburini militari di De Rossi e U:T: Gandi. Per chi scrive il brano piu’ bello della raccolta, tutto chiuso nella sua inesorabilità senza soluzione.
Tom Waits, uno dei musicisti preferiti da Danilo Gallo, viene omaggiato nella cover della sua tenera “Alice”, rivisitata come fosse un’elegia funebre e aperta da Terragnoli e con il growl del trombone di Gschloss a mimare la voce del crooner pstmoderno.
Il contrabbasso apre la rivisitazione del secondo dei “Pieces froides” di Satie; dopo la circospezione del leader la cover si trasforma in una chase di fiati sopra un malsano twist dispari.
“Bugsy Siegel”, racconto delle gesta del mafioso ebreo fatto fuori da Lucky Luciano sarebbe un bel tema, tra i migliori scritti da Gallo: dico sarebbe perché questo arrangiamento, sebbene ottimamente eseguito, sa troppo di “Masada”.
Un'altra nazione, un altro clima: “Udine”. Il mesto ritorno a casa (in provincia di Udine, a Cavalicco, si trovano gli studi dove è stato registrato questo cd); l’autore tira le somme dei fasti messicani per riscoprire che alla fine, dei falò rimane solo la cenere. L’andamento è quello del blues, inevitabilmente fino ad una improvvisa cantabilità di stampo ellingtoniano. Tracce di allegria, trattenute, quasi vincenti al rush finale.
13.1.07
copioincollo e son d accordo
di Alessandro Rimassa
“Adesso fanno arrivare i rumeni, poi voglion dare i nostri bambini ai gay e magari anche ai trans... ma dove andremo a finire, signora mia?”
Nella frase che ho riportato c’è una giusta domanda: dove andremo a finire? Quelle parole sono uscite dalla bocca di una signora sui 65 anni, accento vagamente del nord, che l’altra mattina camminava con un’amica per una via del centro di Milano. Le due se la prendevano con Prodi e con il Governo ladro, immaginando un futuro disastroso e disastrato per il nostro bel paese. Tutte le colpe, ad ascoltar loro, sono dell’attuale Governo: che permette ai rumeni di entrare indisturbati in Italia, che sta per fare una legge sulle adozioni gay, che magari darà i bambini anche ai trans.
Tutte cose false, ovviamente. Non è il Governo che fa entrare i rumeni in Italia, è che la Romania, ora, fa parte dell’Unione europea. Non c’è, allo stato attuale, nessun disegno di legge né proposta sulle adozioni gay. Nessuno, quindi, sta pensando di far adottare i bambini ai transessuali.
La signora si chiedeva “Dove andremo a finire?”, e la domanda è più che legittima: con tutto questo qualunquismo, dove andremo a finire?
La colpa, certo, non va attribuita alla signora di cui sopra. Sono i nostri dirigenti e politici che, sui giornali e soprattutto in televisione, rimbambiscono la gente con dichiarazioni terroristiche, populiste e qualunquiste. Non c’è, nei nostri politici, onestà intellettuale, per tirar l’acqua al proprio mulino si infarciscono i propri discorsi di notizie volutamente false e tendenziose. Sui Pacs si dice no e si invita la gente a ribellarsi, “... perché altrimenti i nostri bambini verranno affidati solo a coppie omosessuali!”. Sono queste frasi a effetto, questo populismo becero, a influenzare le masse e, di conseguenza, a rovinare l’Italia.
Sono queste le cose da combattere, sono questi i piccoli mali che, sommati l’uno all’altro, fanno di questo Paese un grande malato. Se dalla signora di 65 anni non possiamo aspettarci comportamenti che segnino la svolta, certo dai più giovani dobbiamo pretenderli: e motore di questa silenziosa ma costante e speriamo efficace ribellione, dobbiamo essere noi trentenni.
12.1.07
il mio nome è nessuno...
STAVO schiacciando Narayana sulla parete del muro a fianco del suo letto, non accortomi di quanto stesse scomoda, creatura, e tutto per vedere sul pc il biopic di uno dei miei attori prediletti; Peter Sellers.
Avevo trascurato "Tu chiamami Peter" (The life and death of Peter Sellers, 2004) perchè non amo i biopic.
I biopic hanno una scadenza troppo vincolante: il calendario di una vita umana, che già a descriverla è impossibile poichè nessuno ne sa niente, soprattutto il diretto interessato.
A che pro allora aver realizzato Quarto Potere? Il caleidoscopico monumento di Welles è uno dei pochi film su una vita che riesce a portarci attraverso le sue mille sfaccettature e il gioco di specchi al mistero di una vita. L'escamotage Rosabella, che pare puerile, è appunto la forma della parola segreta che ognuno si porta nella tomba.
I realizzatori di biopic seri dovrebbero accettare i limiti di questo sottogenere perverso; o altrimenti realizzare spassi come la biografia di Schubert con Al Bano o le "false" biografie di Ken Russell.
Invece da parte di chi narra e da parte del pubblico voyeur e credulone la biografia filmata è attesa, agognata; siamo certi che la tela immortalata ci restituirà la soluzione all'enigma o perlomeno ci farà godere un po' rimaterializzando idoli defunti. (Spettatori di bocca oltremodo buona).
E in quanto a rimaterializzazione Geoffrey Rush ci dà un saggio da manuale: il suo Peter Sellers è mimetico fino all'ossessione. Rush ha fatto quello che a Sellers non è mai riuscito; travestirsi da Peter Sellers. Ed è davvero bravissimo.
Ma questa bravura pare inutile in un film dove gli altri sosia sembrano manichini (John Litghow come Blake Edwards, Charlize Theron come Britt Ekland, Sonia Aquino nell'ardua impresa di somigliare all'irripetibile Sofia nazionale, e comunque Sonia Aquino è una bellissima donna); manichini che vengono calati in scena ome magiche apparizioni, rivelandosi posticci.
Rush invece impressiona: vestito da Stranamore mi ha fatto balzare dalla sedia. Anche nei panni dell'immondo personaggio del torero Bobo ("Il magnifico Bobo", forse il punto piu' basso della carriera di Sellers) c'è da restare allibiti. Peccato che Rush sia spesso in occhiali poichè il trucco ha realizzato gli stessi occhi di Sellers, la carta d'identità di ogni uomo.
.
Non che Hopkins non tenti di svincolarsi dal tran tran biografico, inseredo curiose e azzeccate incursioni di Sellers/Rush, travestito come i personaggi fondamentali della sua vita (prima il padre, poi la madre etc..) a cui continua a dar vita e a dire le parole capitali; come a dire del vano/non vano tentativo di un attore di dare vita a ciò che è morto. Si potrebbe vedere come una riflessione sul biopic in toto ma non voglio iperanalizzare....ma ciò non compensa il ritratto del sellers privato, dove le scene madri sono sintesi visive delle sue isterie, paranoie, edipo, droghe e infarti etc.
Partiamo con gli esordi radiofonici per passare ai trionfi cinematografici, gli amori folli per Sofia Loren, il rapporto con la madre (edipo, era ovvio) e con la moglie che, anche dopo il divorzio avrà a che fare con questo bambino-adulto.
Ripercorriamo la carriera dagli esordi radiofonici per passare ai trionfi in patria con le commedie "statali" tipo quelle di Mario Zampi, al rapporto con Kubrick, che credo considerasse Sellers un oggetto pronto per ogni evenienza, per giungere alla "Pantera rosa", forse l'unico capitolo cinematografico della sua carriera che lo ha fatto amare dagli italiani (che generalmente lo odiano).
Purtroppo, a parte un richiamo "scatologico", del suo capolavoro ,"Hollywood party", questo film così profondo dietro le vesti di commedia, si tace. forse non c'era alcunchè di rilevantemente scandalistico su cui filmare. In compenso, alla metà del filn abbiamo la presenza di "Being there-Oltre il giardino", sia che si tratti del volume in mano al suo fattucchiero (Stephen Fry) sia che lo realizzi, il progetto tanto agognato da Sellers è sempre sottotraccia.
Chance il giardiniere...un vuoto che travolge le altre vite; e Sellers soffriva di non avere una sua personalità. E desiderava spogliarsi di tutti i suoi travestimenti...
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Certe volte mi verrebbe da promuovere una petizione per abolire il biopic ma anch'io ci casco sempre; anch'io voglio che La Morte Al Lavoro rimetta in vitta i morti...ma come sembrano misere le loro vite al cinema...
p.s.: a proposito! era piu' bravo Peter Sellers o Alec Guinness?
8.1.07
cuong vu e il gallo rosso
6.1.07
Pollo senza aver scelto
DALLA FORESTA DEI SUONI
L'OTTAVO RE
phisique du ròle
4.1.07
novità editoriali
1.1.07
the end, maifrend
l'ultimo...alla tua, Maurizio
Agli occhi del mondo
DONALD RUMSFIELD-SADDAM HUSSEIN. Once were friends
